PER NOI SARA' SEMPRE E COMUNQUE UN DISASTRO AMBIENTALE

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PER NOI E' STATO E SARA' SEMPRE UN DISASTRO AMBIENTALE

mercoledì 25 giugno 2014

DECRETO-LEGGE 24 giugno 2014, n. 91



                  http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2014;91



 

                                   
 
                        Nota del Comitato Nazionale Siti Contaminati
 
 

 

Altro che semplificazione,

si tratta di della completa privatizzazione delle bonifiche e della salute delle persone.

 

Il recente Decreto 91/2014 pubblicato il 25 gigno sulla Gazzetta Ufficiale, sarà ricordato come una delle più lucide operazioni di rimozione “sulla carta” dei problemi di contaminazione dei siti inquinati, più che un decreto “Ambiente protetto” come è stato incautamente definito dal Ministro una norma “Inquinatore-protetto”.

 

Partito, secondo le dichiarazioni del Ministro Galletti, con il positivo intento di semplificare le farraginose procedure delineate dal Testo Unico ddell'Ambiente (D.lgs.152/2006) si è trasformato in un vero e proprio invito a nascondere la polvere inquinata sotto il tappeto.

 

In un paese dove le notizie sulla corruzione nel mondo dei rifiuti e delle bonifiche sono all'ordine del giorno, si emanda tutto al privato in un vero e proprio far west dove a rimetterci sono solo le comunità che vivono nelle migliaia di luoghi inquinati del paese.

 

La norma prevede che il primo passo sia fatto dall'inquinatore (o dal proprietario dell'area inquinata), che presenta direttamente un progetto di bonifica autocertificando la veridicità dei dati della contaminazione, senza alcun controllo, anche a campione, da parte dell'ente pubblico.

 

In questa fase emerge un primo problema: come farà l'ente pubblico a verificare l'esatta estensione della contaminazione, visto che è lecito attendersi dai privati una sottovalutazione del reale stato di inquinamento (ad esempio: si seguirà tutto il corso di un fiume per scoprire l'area esatta interessata dall'inquinamento partito da una fabbrica posta a monte?).

 

A quel punto la procedura prevede una rapida approvazione da parte dell'ente pubblico del progetto di bonifica (90 giorni; ricordiamo che il Ministero dell'Ambiente per i Siti nazionali di Bonifica convoca le conferenze dei servizi se va bene con una media di una l'anno per sito!).

 

Approvato il progetto il privato realizza la bonifica. Solo a quel punto presenta un programma di analisi (il cosiddetto Piano di caratterizzazione) delle aree su cui si è intanto intervenuti. Il Piano deve essere esaminato, prima della sua realizzazione, dagli enti pubblici in 45 giorni e vale il silenzio-assenso!

 

Qui si pone un secondo problema. Dice un detto “chi cerca, trova, chi non cerca, non trova”. Le sostanze tossiche sono centinaia e attualmente ci sono dei criteri minimi per cercare un certo numero di queste sostanze sulla base delle lavorazioni che hanno interessato il sito. Questo decreto invece da la massima libertà ai privati di scegliere quali sostanze cercare. Considerando che i costi di analisi e bonifiche sono strettamente collegati al tipo di sostanze, ci si può aspettare che i privati provino a presentare piani di caratterizzazione minimali con pochissime sostanze. Poichè queste scelte spostano decine di milioni di euro, si potrà immaginare la pressione per far decorrere inultimente quei 45 giorni in modo tale da avere il silenzio-assenso, sollevando anche gli enti da qualsiasi responsabilità in caso di mancata risposta.

 

A questo punto si fanno le analisi vere e proprio per vedere se la bonifica è stata efficace e, finalmente, si prevedono le contro-analisi da parte dell'ARPA locaale. Ma su cosa? Ovviamente solo sui parametri indicati dal privato! Inoltre attualmente le ARPA fanno le contro-analisi solo sul 10% dei campioni. Insomma, ci sarà un altissima probabilità di avere bonifiche solo sulla carta.

 

La caratterizzazione a valle e non a monte porta con sé altri gravissimi problemi di carattere ambientale, sanitario e giudiziario.

 

Infatti oggi la caratterizzazione realizzata dal privato in contraddittorio con gli enti fin dall'inizio della procedura permette di valutare l'esatta estensione della contaminazione, mentre con questo decreto il privato potrà presentare un progetto solo su piccole aree o, almeno, ci proverà. Sarà compito dell'ente pubblico in pochissimi e su aree estremamente complesse in cui di solito ci vogliono anni per capire bene la reale estensione della contaminazione valutare se possono esistere altre aree limitrofe potenzialmente inquinate, senza avere strumenti reali per fare ipotesi in tal senso (ad esempio, l'accesso e la consultazione degli archivi sulle produzioni).

 

Dal punto di vista sanitario e giudiziario si perde la sicurezza sul reale stato di contaminazione a cui sono stati esposti magari per decenni i cittadini. La popolazione che vive in un'area inquinata (ma anche i ricercatori che devono valutare l'esposizione ad inquinanti e le ventuali conseguenze) dovranno basarsi sui dati dei privati per capire se sono stati esposti a pericoli per la salute!

 

Si arriva al paradosso che se un cittadino volesse chiedere i danni sanitari al privato inquinatore dovrebbe basarsi sui dati presentati proprio da chi ha devastato l'ambiente rendendolo pericoloso!Una volta avvenuta la bonifica faranno fede solo i dati dei privati, per carità, “autocertificati”. Ma viene spontaneo chiedersi: quale privato, quale multinazionale autocertificherà mai l'esistenza di uno stato di inquinamento per il quale potrebbe essere chiamata a rispondere per danni nelle aule dei tribunali?

 

Tra l'altro è incredibile che non vi sia alcun accenno ai doveri di trasparenza e pubblicazione di progetti e dati, nonché della partecipazione dei cittadini ai procedimenti. D'altro lato lo stesso Ministero non pubblicizza le convocazioni delle conferenze dei servizi sui siti di interesse nazionale ed è inadempiente dal 2005 sulla pubblicazione dei dati sui siti nazionali di bonifica obbligatoria secondo il Decreto 195/2005.

 

Singolare, infine, il fatto che la norma ha la scadenza, il 2017, come se si trattasse di uno yogurt!

 

Questa previsione è però rivelatrice del reale intento del Governo. Sulle bonifiche appare evidente la volontà di mettere definitivamente sotto il tappeto le scorie di un passato in cui il sistema industriale italiano programmaticamente cercava di stare sul mercato sotterrando i rifiuti per non pagarne i costi. Ora che la realtà sta venendo a galla con manifestazioni e lutti, lo stesso sistema industriale chiede di non pagare i danni miliardari secondo il principio “Chi inquina paga”. 

lunedì 16 giugno 2014

http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2013/06/biogas-che-bello-per-legambiente.html

Anche in Liguria vengono promossi con molta convinzione i digestori anaerobici impianti che come già abbiamo avuto modo di commentare in questo blog accolgono biomasse sporche. Quali ? generalmente i fanghi di depurazione provenienti dai depuratori ed organico da rifiuto urbano fuori specifica ovvero quell' organico non a norma che non può essere avviato ad un impianto di compostaggio aerobico. 

Il digestore anaerobico è composto da un certo numero di silos dove vengono conferite "le biomasse sporche" insieme all' acqua. In essi si sviluppano due processi chimico fisici che a seconda della durata vengono definiti mesofili o termofili.  A termine del ciclo si ottengono due prodotti:

1.  gas metanifero ovvero che contiene circa il 30-35 % di metano
2.  una sorta di fango chiamato Digestato

L' impianto generalmente è dotato anche di un sistema di depurazione del gas metanifero che altrimenti non potrebbe essere bruciato nè per alimentare una centrale elettrica a turbine né per sfruttare il calore prodotto. La potenza nella maggioranza dei casi non supera il MW cosa che permette iter autorizzativi più rapidi.

La centrale elettrica a turbine è solitamente inserita in questi poli industriali che possono variare di taglia a seconda della quantità di materia organica che sono chiamati a trattare. Dobbiamo intendere dalla decina di migliaia di tonnellate sino al centinaio. 

Il Digestato viene impiegato in agricoltura per   "l' arricchimento dei terreni"   dopo aver subito un ulteriore trattamento in un impianto di compostaggio aerobico.  Tale pratica come si legge anche nel link sopra segnalato ha comportato in Germania gravi rischi sanitari. Uno studio condotto dal Prof. Gunther Bohnel dell' università di Göttingen ha riportato la correlazione tra ben 3000 casi di botulino  e la presenza di Digestori Anaerobici nelle aree monitorate.

Si pensa che la pratica di spargere il digestato nelle coltivazioni abbia inquinato le terre ma anche le acque e che i batteri patogeni in esso contenuti siano finiti nella catena alimentare. Si consideri che in Germania ed in Svezia la legge impone la pastorizzazione del materia organica in entrata nei silos .. in Italia no.!

Ma aldilà di questo si deve inoltre riflettere sull' opportunità economica dei Digestori Anaerobici, in quanto l' intero ciclo di trattamento e lo sfruttamento del biogas comporta un certo impiego di energia ed anche che  la quantità prodotta viene incentivata economicamente dallo stato perché derivante da fonte riconosciuta rinnovabile.

Le domande da porsi sono principalmente due:

1. vale la pena di allungare la filiera di gestione della frazione organica da rifiuto urbano (forsu) optando per il trattamento anaerobico in luogo di quello aerobico ?

2. a chi conviene ?

Alla prima domanda rispondiamo No. La forsu una volta intercettata con la raccolta porta a porta e se ben selezionata-   può generare ottimo compost da utilizzare nelle aree agricole più prossime all' impianto di compostaggio aerobico.

Alla seconda domanda rispondiamo:  all' industria termomeccanica, ai gestori dei servizi  ..non certo ai cittadini!

L' impianto che Acam vorrebbe realizzare a Boscalino con l' intervento economico del nuovo partner che acquisirà almeno il 49% delle quote azionarie della partecipata Ambiente,  dovrebbe costare oltre 10 milioni di euro !  L' impianto sarebbe in grado di trattare 30 mila tonnellate tra forsu fuori specifica e fanghi di depurazione.

Altra questione da attenzionare è che nel sito di Boscalino (Arcola)  non esiste lo spazio fisico per realizzare un Digestore Anaerobico. L' area misura circa due ettari, per 1/3  è occupata dall' impianto di compostaggio aerobico inaugurato nel 2002, per un altro terzo da alcuni manufatti in CLS basamento del vecchio inceneritore (chiuso dalla Magistratura nel 1986),  la piantoneria, ed una tettoia palificata dove veniva abbancata la biomassa trattata,  il restante  terzo è occupato da un terrapieno formato da scorie e ceneri (stimate in 20 mila tonnellate) esito dell' attività del forno inceneritore.







giovedì 5 giugno 2014

documento redatto da Valerio Gennaro e Anna Stramigioli


Comitati Spezzini sosterrà il contenuto del documento nell' Inchiesta Pubblica al Piano regionale dei Rifiuti e Bonifiche 2013 e proporrà di condividerlo alle altre associazioni che hanno partecipato alla prima seduta del 22 maggio scorso
 
                                          RACCOLTA DIFFERENZIATA UTENZE DOMESTICHE E ASSIMILABILI

IMPORTANTE LA GESTIONE DELL’UMIDO  -  DA PRIVILEGIARE: RECUPERO DELLA MATERIA E PRATICHE SALUBRI IN AGRICOLTURA

CONSIDERAZIONI

·         Il piano regionale dei rifiuti punta ad una raccolta differenziata al 65%, senza definire obiettivi di affinamento delle percentuali e della qualità nel tempo, tende perciò ad ingessare la struttura della filiera intorno a soluzioni impiantistiche, organizzando la gestione su aree vaste; con ciò disattende da precise indicazioni sulla qualità della raccolta e conseguente recupero della materia (sia secondaria per la produzione, sia organica per la produzione agricola)

·         Le convenienze finanziarie di organizzazione delle aziende di gestione dei rifiuti sono spesso in conflitto con l’interesse dei cittadini a fruire di un servizio efficace

·         Privilegiando la definizione delle soluzioni impiantistiche, senza porre concrete condizioni sulla qualità del servizio, dato l’obiettivo del 65% RD, si pongono serie preoccupazioni anche in merito alla qualificazione del lavoro e delle conseguenti garanzie contrattuali, mentre appare ipotizzabile uno spacchettamento dei servizi in assenza di garanzie

·         Prevale la logica del “possibile” su quella del “doveroso”, perciò, per ammissione dell’amministrazione regionale, si è deciso di rinunciare all’organizzazione e pianificazione di filiere industriali di produzione legate a compost naturale e materia seconda per la produzione industriale

La RACCOLTA DIFFERENZIATA può raggiungere % molto più alte, ma soprattutto può dar luogo a filiere di utilizzo della materia seconda. Per perseguire tale obiettivo è necessario pianificare raccolte differenziate con opportuno controllo della qualità della raccolta. Ciò avviene in alcune realtà italiane, non dipende dalle tecnologie dei cassonetti, o da complesse apparecchiature elettroniche per il conteggio delle tariffe, ma da una capillare distribuzione del servizio e dal concreto controllo dei conferimenti e dell’igiene del territorio.

Gestione dei rifiuti e igiene urbana (e/o suburbana, ecc) non possono che andare di pari passo nell’organizzazione del servizio e nella definizione dell’organizzazione del lavoro, se vogliamo che i risultati possano garantire salute e dignità dei cittadini e dei lavoratori.

Naturalmente, in quest’ottica, la separazione dell’organico può essere considerata la fase più delicata ed importante. Altrettanto importante è la destinazione dell’umido alla filiera agricola in sinergia con il territorio circostante.

Date le precedenti considerazioni si potrebbe ipotizzare l’utilità di un sistema di raccolta per aree “ristrette” con la previsione di utilizzare mezzi di piccole dimensioni in circolazione continua ( meglio se elettrici, come avviene già in altre realtà), connettendo la responsabilità dei lavoratori a precisi obiettivi e zone.

In particolare, per la città di Genova, costituita da realtà ben definite, articolate sulle alture e/o sviluppate intorno a diversi centri storici ( derivanti dalla passata articolazione in Comuni separati) sarebbe possibile riorganizzare il servizio di raccolta porta a porta prevedendo diversi punti di conferimento dell’umido e di trattamento in impianti aerobici. Impiantistiche già esistenti ci indicano ottimi precedenti per ipotizzare la possibilità di distribuire centri di trattamento aerobico sulle alture , alle spalle dei diversi municipi, (e/o dei vari Comuni del contesto metropolitano), secondo una logica di filiera breve, in modo da controllare le linee di trasferimento e la qualità del servizio con stretta connessione tra utenza e addetti al servizio. Avremmo così una concreta possibilità di controllo del feedback e dei risultati. Il compost diverrebbe davvero prodotto da commercializzare con conseguente economicità positiva del servizio. Naturalmente il progetto prevede una inversione delle priorità: si punta al RECUPERO-RICICLO TOTALE DELLE MATERIA,  privilegiando la salubrità del terreno e della filiera agricola, si privilegia la valorizzazione del lavoro e, in sostanza, alla garanzia della salute della popolazione con atti concreti per il suo miglioramento. Un buon porta a porta che non dipenda da tecnologie elettroniche o da caratteristiche dei cassonetti, ma dalla qualità dell’organizzazione e dalla responsabilità condivisa.

Costruire un BIODIGESTORE è più facile, forse conviene ai piani finanziari delle aziende di gestione, ma non è il meglio per le comunità.